La ricerca a tavola

    Ciliegie e società

    Ciliegie e società

    Frutto tardo-primaverile-estivo tra i più amati, la ciliegia ha la sua probabile origine nell’area turco-persiana, ma già dal settimo secolo A.C era diffusa in Egitto, nel terzo in Grecia, e poco dopo a Roma. Secondo una tradizione risalente a Plinio il Vecchio, fu introdotta nella città eterna dalla colonia turca di Cerasunte, dal cui nome deriverebbe quello del frutto nella gran parte delle lingue europee (nell’Italia centro-meridionale il termine dialettale cerasa o cirasa è utilizzato quasi ovunque). Sempre secondo questa tradizione, a intuire le potenzialità del frutto fu il generale Lucullo, gourmet romano per antonomasia, in guerra contro Mitridate, nell’allora Ponto. Origini così altolocate non potevano non rappresentare un ‘plus’, come diremmo oggi, per la sua diffusione in tutto l’impero, e per una sua rapida ascesa nel pantheon gastronomico romano, come in quello dei secoli successivi.

    Considerata dalla tradizione cristiana come un simbolo della passione di Cristo, in questo modo è stata spesso rappresentata dai più grandi pittori della storia, con vette raggiunte da Tiziano, con la sua celebre ‘Madonna delle ciliegie’. Quanto alle nature morte, non possiamo non ricordare, secoli dopo, quelle di Paul Cezanne e di altri impressionisti, a conferma di una predilezione francese per il frutto, risalente al Re Sole, e alle sue apprezzate serre di Versailles. Senza nulla togliere ai cugini d’oltralpe, spetta, tuttavia, all’Italia il primato europeo, sia nella produzione, sia nell’amore per le ciliegie. Si spiegano forse così alcune storpiature di celeberrimi titoli teatrali e cinematografici nella nostra lingua. Se ‘L’albero dei ciliegi’ di Anton Cechov’ era, in realtà un amareno (rimanendo in famiglia), il ‘Sapore della ciliegia’ del regista cinematografico iraniano Abbas Kiarostami dovrebbe, più correttamente, far riferimento al gelso. Si può, tuttavia, pensare al profumo di un gelso, per non suicidarsi? Forse si, ma la ciliegia per noi può raggiungere più facilmente l’obiettivo. Il rapporto con la morte, tra l’altro, è alla base di quello che, senza dubbio, è il legame poetico più rilevante con il nostro frutto, o, più precisamente con i nostri fiori. Il Giappone ha infatti eletto quasi a simbolo della cultura patria i fiori del ciliegio, per la loro struggente, elegante bellezza, legata ad una commovente caducità. E, se i samurai, seppelliti sotto i ciliegi, hanno gradualmente conferito al fiore il colore bianco-roseo, i kamikaze chiedevano un ramo da portare sulla carlinga dei loro aerei in missione suicida. Rispetto a ‘scene’ così drammatiche ci è quindi perdonata una digressione extra-alimentare, con annesso suggerimento a conoscere il grande rito dell’hanami sakura (fioritura dei ciliegi ) nei bellissimi giardini di Kyoto, fruibili, a buon mercato, grazie a tanti documentari sull’argomento.

    Siamo, tuttavia, ben oltre la fioritura, anzi, è già passato maggio, con la caduta a ‘ciocche’ delle ciliegie rosse (Di Giacomo-Costa), e, conviene, quindi, affrettarsi in cucina, dove, invocata la protezione di San Gerardo Tintore, patrono del nostro frutto, proviamo a suggerire qualche ricetta. Di ciliegie, si sa, una tira l’altra, e, l’estasi di un piatto ‘al naturale’ in una calda giornata estiva, è irraggiungibile da qualsiasi chef stellato. Qualche ricetta sorprendente, per lo più nel settore dessert, pure si può annoverare, per andare aldilà di quel ‘pane e cerase’ che il maestro Libero Bovio faceva bastare ai due innamorati della mitica ‘Reginella’.

    Risotto alle ciliegie con la robiola

    Le ciliegie, nella tradizione europea orientale, si inseriscono bene in vari tipi di ‘ravioli’, ma, rimanendo in tema di primi piatti, ci sembra più elegante l’abbinamento con il riso, unito, a quello, più consolidato, con certi tipi di formaggio. In questo caso, l’abbraccio ideale con un vino ci porta a un Monferrato Rosso, fresco e profumato, come il piatto che accompagna.

    Filetto di Manzo con ciliegie

    Partendo, in questo caso dal vino, ci si offre la suggestione del Ciliegiolo, vitigno fondamentale in tanti grandi uvaggi toscani, così chiamato proprio per lo spiccato sentore di ciliegia. Il tipo di carne da utilizzare diventa, quindi, quasi un dettaglio.

    Cherry Pie

    Classica torta della tradizione statunitense, parente della nostra crostata, da accompagnare con uno dei tanti bianchi dolci ibridi, in auge nello Stato di New York. Ed è subito un caldo effetto metropolitano.

    Dorayaki con confettura di ciliegie

    Lontanissima dalla spiritualità dell’hanami, questa variante ciliegiola del tipico dolce giapponese con fagioli rossi, può essere affrontata con successo da un Moscato d’Asti.

    Clafoutis alle ciliegie

    Tipico dolce contadino del Limousin, consumato tradizionalmente nei campi, in giornate di duro lavoro, è, in realtà un piatto che può presentare aspetti di indubbia raffinatezza. Li rafforziamo con un quasi conterraneo Barsac.

    Torta della Foresta Nera

    Ben oltre le classiche ciliegine sulla torta, questi frutti hanno una valenza cruciale in una torta pur molto ‘cioccolatosa’. Non tutti sanno che i territori intorno alla Foresta Nera offrono super-vini bianchi, anche dolci. Tra questi, puntiamo sicuri su uno dei tanti Eiswein (vini di ghiaccio) della fascia austro-germanica.

    Crostata di visciole

    Ideale prima colazione romana, consumata in un altro momento della giornata può sublimarsi in abbinamento con un Cesanese del Piglio Dolce.

     

    Ettore Zecchino

     


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