Invito alla lettura

    Dio. La Scienza. Le Prove. L'alba di una rivoluzione.

    Dio. La Scienza. Le Prove. L'alba di una rivoluzione.

    ‘’Ho troppo rispetto per Dio per poterne fare un’ipotesi scientifica’’. Basterebbe questa celebre affermazione dell’abate belga Georges Lemaitre, tra i massimi astrofisici di tutti i tempi e padre della teoria del Big Bang, a stroncare senza appello ‘DIO. La Scienza. Le Prove’ (Edizioni Sonda), best seller da 300mila copie tra Francia e Spagna, un po' meno acclamato in Italia. Sarebbe, tuttavia, ingeneroso e incongruo. Se, infatti, il libro di Michel-Yves Bollorè ed Olivier Bonnassies non rappresenta certamente quell’alba di una rivoluzione, promessa nel sottotitolo, è, senza alcun dubbio, un’interessante opera di buona divulgazione, capace di rimettere al centro del dibattito intellettuale un argomento maiuscolo quanti altri mai. Dell’esistenza di dio, anche solo con la minuscola, si parla, infatti, poco o niente in un Occidente in bilico tra indifferenza e nichilismo. Un lavoro di questo tipo, sia pur un poco ‘zibaldonesco’, bilancia, quindi, un’inerzia materialistica dura a morire, nonostante le sempre più notevoli evidenze ‘culturali’ di segno opposto. Proprio a queste, spalmate su varie discipline, ma con una netta prevalenza del mondo scientifico, si sono appellati l’ingegnere informatico Bollorè e il teologo imprenditore Bonnassies, per costruire un’impalcatura ai limiti della supponenza intellettuale, supportata da un marketing fisiologicamente ‘spregiudicato’, ma, limitatamente alla tesi fondamentale, non troppo facilmente attaccabile sul piano della logica.
    Riserve e perplessità a parte, l’operazione, accreditata e impreziosita dalla collaborazione o supervisione diretta di una ventina di top scientists, inclusi alcuni vincitori del Premio Nobel, riesce e come, premiando un lavoro di oltre tre anni dei due scrittori d’oltralpe. E regalando al lettore, almeno a quello non particolarmente malizioso, delle autentiche perle, come un originale capitolo sulle persecuzioni nazi-comuniste degli scienziati non allineati alle assurde e materialistiche cosmologie di regime, ma, soprattutto, offrendo un ripasso di molte importanti scoperte scientifiche degli ultimi due secoli. O, almeno, di quelle funzionali alla presunta evidenza dell’esistenza di un dio alla base del nostro mondo. Trattasi, indubbiamente, del grosso delle acquisizioni più recenti, prevalentemente negli ambiti fisico-matematico e biochimico. Il tutto in uno stile accattivante e scorrevole, oltre che efficace, consentendo al lettore un discreto livello di confidenza con rivoluzionarie, e allo stato, vincenti teorie scientifiche. Come il secondo principio della termodinamica, che decreta l’inevitabile morte termica dell’Universo, o il Big Bang (definizione sprezzante di un materialista poi ‘convertito’ ed involontaria ‘genialata’ mediatica), che regala, simmetricamente, un inizio all’Universo. E ancora, la regolazione fine delle costanti cosmologiche, che sorreggono l’impalcatura del cosmo con una precisione assolutamente incompatibile con il concetto di casualità. Ultimo, ma non ultimo, il principio antropico, che pone la vita, nella sua ‘improbabilissima’ comparsa, come il fine di queste ‘sublimi precisioni’ cosmiche. Scoperte che, secondo gli autori, sconfessano visioni sistemiche di segno opposto, in auge da alcuni secoli, almeno a partire dalla rivoluzione copernicana e che, sull’affascinante sfondo della relatività e della meccanica quantistica (nei loro specifici campi di azione) convergono nel descrivere un Universo finito e dinamico, nato e destinato a morire, e, quindi, statistica alla mano, secondo gli autori transalpini certamente collegato ad un disegno intelligente. Veri e propri colpi mortali inferti ad un materialismo scientifico spesso arroccato su posizioni sterilmente ideologiche e comunque sempre più in ritirata, a volte anche rovinosa. Questa parte del voluminoso libro (quasi 700 pagine) è quella che più convince e che tradisce una passione maggiore degli stessi autori, accuratissimi nel chiamare in causa decine e decine di illustri scienziati (in testa il sempre gettonatissimo Einstein), inchiodandoli fin troppo zelantemente alle loro più sorprendenti dichiarazioni, più o meno pubbliche. Colpisce, semmai, la implicita attribuzione di ‘responsabilità materialiste’ a scienziati comunque credenti, come Copernico, Galileo o Newton.
    Colpevolmente omissivi Bollorè e Bonnassies appaiono, invece, in ambito filosofico, dove, in uno striminzito capitolo, banalizzano e comprimono i non pochi colpi di genio ‘logici’ sul tema, partoriti da menti sublimi, a partire da Aristotele, pur citato con deferenza in varie parti del testo. Troppo di parte e, in fondo, meno lucide, appaiono, inoltre, le perorazioni di tesi di ardua dimostrabilità, come quelle riferite alla reale natura di Cristo o alla straordinarietà della lunghissima parabola storica israelitica. Ma anche all’unicità assoluta del testo biblico, pur indubbio dispensatore di verità umanamente inaccessibili, e, comunque, del tutto esclusive, all’epoca della sua stesura. Non privo di interesse appare, invece, forse per la minore complessità intrinseca del tema, il capitolo imperniato sulla presunta autoevidenza del prodigio-miracolo principale di Fatima, ricostruito grazie a un’accuratissima, anche se un po' monotona, rassegna stampa dell’epoca.
    I due autori francesi, cattolici praticanti, rimettono quindi la divinità al centro del dibattito in un’opera di divulgazione scientifica che può essere accettata almeno come ‘sfida’, quando, come enunciato da loro stessi in partenza, si limita a decretarne l’esistenza. La sua completa e specifica identificazione si può invece realizzare solo su altri piani, quelli dello spirito e della fede, inattingibili da tutte le scienze. Forse, intuibili dalla grande arte, più in dimestichezza con il processo creativo. Fortunatamente, un patrimonio indiscusso della volontà libera di tutti, magari illuminata da occasionali fotoni divini, lungo il tribolato e umanissimo percorso delle nostre vite.

    Ettore Zecchino


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