Invito alla lettura

    Proiezioni

    Proiezioni

    Saggio scientifico-letterario tra i più acclamati degli ultimi anni, ‘Proiezioni. Una storia delle emozioni umane’, di Karl Deisseroth, rappresenta un passaggio particolarmente incisivo nel cammino di riavvicinamento tra le due culture, avviato da anni in Occidente. A guardar bene, anzi, il lavoro del celebre bioingegnere e psichiatra statunitense, in Italia edito da Bollati Boringhieri, appare squilibrato sul lato umanistico. La passione di Deisseroth per la letteratura, avidamente ‘consumata’ sin dall’infanzia, sembra infatti limitare, almeno in qualche passaggio, la comprensione delle avveniristiche scoperte neurobiologiche realizzate grazie all’optogenetica, tecnica scientifica emergente, messa a punto, con pochi altri, proprio da Karl Deisseroth. Un’autentica rivoluzione del sapere, fondata sulla capacità di accendere o spegnere specifiche cellule cerebrali usando la luce. Un cambio di passo epocale che, pur spiegato in molti passaggi del libro, è come ‘oscurato’ dalle ‘nuvole letterarie’ che lo sovrastano. I vari e penosi ‘casi psichiatrici’, alla base dell’ordito cucito dall’autore, lungi dall’essere solo un pretesto per descrivere i passi avanti fatti dalla ricerca, assumono, quindi, valenza a sé stante, ‘caricati’ come sono di empatia e di pathos poetico. Una sorta di romanzo incastrato nel saggio, che ci porta a contatto con un’umanità problematica e dolente, fatta di persone che Deisseroth ‘promuove’ al rango di personaggi.
    Un’impostazione, tuttavia, capace di ‘abbracciare’ per intero la complessità del tema trattato, fugando i rischi, in questa materia altissimi, di un determinismo quasi fatale. L’optogenetica, quotidianamente praticata da Karl Deisseroth nel suo laboratorio di Stanford, consente, infatti, con assoluta precisione, di evidenziare il comportamento ‘meccanico’ dei neuroni, esposti a ben precise sollecitazioni luminose. Azioni e reazioni testate su modelli murini, ma anche sui ‘trasparenti’ pesci zebrafish, in grado di far vacillare qualunque certezza in merito a concetti come libero arbitrio e coscienza, vengono, quindi, ‘problematizzate’ attraverso il ricorso alla valenza soggettiva, e, quindi, sfuggente, delle emozioni umane. Come a dire che rimane sempre inaccessibile il perché siamo coscienti e, al tempo stesso, continua ad essere inattingibile il ‘sentimento’ soggettivo collegato al nostro sé e alle sue più varie manifestazioni.
    L’autore, condizionato dall’intensità dei gravi casi clinici con i quali è a contatto da oltre 30 anni, conserva la capacità di provare empatia e, con essa, quella di ‘curvare’, in una dimensione fascinosamente emotiva, le crude evidenze della ricerca scientifica funzionalmente portata avanti. Spettacolare diventa, quindi, il testo, nel momento in cui, quasi in maniera epifanica, riesce ad offrire geniali quadrature del cerchio tra gravi patologie psichiche mirabilmente, ma delicatamente descritte, e le loro possibili spiegazioni scientifiche; ma anche fra immersioni in lenti e suggestivi percorsi della nostra storia evolutiva e repentini trasferimenti nelle accelerazioni tecnologiche della contemporaneità. Frammenti di verità che, forse, solo le malattie mentali, viste in controluce, sanno tragicamente offrire a un’umanità accomunata dalla capacità di provare qualcosa che - dice un poeta - <<è dentro te, ma nella mente mia non c’è>>. Qualcosa che, secondo un terribile esperimento mentale posto a chiusura del libro, potrebbe essere riprodotta fuori da un corpo integro, ma che, a ben vedere, in quel caso potremmo chiamare, tutt’al più, ‘proiezione’.

     

    Ettore Zecchino


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