Professore associato di Civiltà greca presso l’Università Statale di Milano (1981-2000) e, successivamente, professore straordinario e quindi ordinario di Letteratura Greca e di Teatro e Drammaturgia dell’Antichità presso l’Università degli Studi di Torino (2001-2017). Attualmente, Giulio Guidorizzi è Direttore della rivista scientifica ‘Studi italiani di filologia classica’, insieme ad Alessandro Barchiesi. Autore di circa 40 libri e monografie e di un centinaio di articoli scientifici, è considerato un punto di riferimento internazionale negli studi e nella letteratura della e sulla Grecia antica. Eccelso traduttore di ‘classici’, in anni recenti si è dedicato maggiormente alla narrativa e alla divulgazione.
Professore, un nome romanissimo, tutt’al più di origine troiana, non è bastato a frenare la sua passione per la Grecia antica? ‘Graecia capta ferum victorem cepit’?
La cultura antica ha due facce, una greca e una romana. Lo stesso Giulio Cesare parlava e scriveva anche in greco, considerata una prestigiosa seconda lingua. Anche per me è un po' così.
Cosa rappresenta la cultura greca per noi occidentali del ventunesimo secolo?
Certamente le nostre antiche radici. La risposta potrebbe sembrare ovvia, perché corrisponde in pieno alla storia della nostra civiltà. Oggi, invece, viene messa in dubbio dalla sciagurata ‘cancel culture’ e da altri orientamenti culturali, genericamente di matrice statunitense, che tentano di annientare questo dato storico, almeno per noi Europei. Vorrebbero un albero senza radici.
Attualmente come viene insegnata, mediamente, nei licei italiani?
La lingua greca, come si sa, è insegnata soltanto nei licei classici, con un programma sostanzialmente tradizionale, affinatosi in alcuni decenni. Non sempre il livello degli allievi è elevato, ma la conoscenza della lingua con cui escono è sufficiente per metterli almeno a contatto con testi immortali, come quelli di Platone, Eschilo, Omero. E se li ricordano per tutta la vita.
La decadenza dell’Europa coincide con lo smarrimento delle nostre radici greche?
Direi senz’altro di sì. Non so se l’Europa sia in decadenza, ma lo è senza dubbio la civiltà conosciuta negli ultimi secoli.
Si può dire, come suggestivamente scriveva ‘Le Monde’ oltre 30 anni fa, che, per certi versi, noi europei altro non siamo che dei greci, ma di lontana decadenza?
Senz’altro siamo greci nell’anima perché i valori fondamentali della nostra democrazia derivano da lì. Credo che la decadenza continuerà fino a quando non avremo recuperato e valorizzato le nostre radici umanistiche, che comprendono anche il Rinascimento.
Il mondo greco, con le sue tragedie, i suoi poemi e le sue vette storico-filosofiche può fornirci una bussola per meglio orientarci nella conflittualità mondiale odierna?
Lo credo fermamente. Questo patrimonio lo possediamo solo noi nel mondo, è il nostro tesoro e dovremmo esserne ben orgogliosi. Questi valori non sono forse superiori a quelli di altre antiche civiltà, come, ad esempio, quelle orientali, ma sono solo nostri e metterli in cantina significherebbe impoverire l’intera civiltà umana. Erodoto diceva: “se a ogni popolo si chiedesse qual è la civiltà migliore, ognuno, dopo avere ben riflettuto, risponderebbe: la mia”.
Democrazia a parte, Russia-Ucraina come Atene-Melo?
Per Putin forse sì, ma credo che gli Ucraini non siano d’accordo. Comunque, stanno resistendo in nome della loro libertà e questo li collega effettivamente agli abitanti di Melo. Tutti ricordiamo la risposta che un gruppo di soldati ucraini diede alle navi russe che circondavano l’Isola dei Serpenti, nelle prime fasi del conflitto. Nella sua ruvidezza è sovrapponibile a quella data dai soccombenti abitanti della piccola isola di Melo alla superpotenza ateniese.
La cultura greca classica ha fertilizzato il nostro mondo fino ai nostri giorni. Al contrario, da oltre duemila anni, salvo rare eccezioni, il mondo greco non annovera protagonisti di spessore paragonabile ai loro avi. Ci spiega il motivo?
Ogni civiltà ha i suoi cicli e quello della Grecia classica si è chiuso con la cristianizzazione. I greci dimenticarono i loro dei e fondarono una nuova civiltà, incentrata sul cristianesimo ortodosso. Questa produsse non poche eccellenze, ma, successivamente, con la sottomissione ai turchi, il mondo greco non ha potuto intercettare il Rinascimento e l’Illuminismo, due momenti chiave nello sviluppo della cultura occidentale.
E, all’opposto, come spiega l’enormità quali-quantitativa del breve, ma densissimo Rinascimento Ateniese?
Il cosiddetto miracolo ateniese è consistito nella maturazione contemporanea, nell’arco di pochi anni, di molti semi piantati nei secoli precedenti. Mi riferisco, in particolare, alla cultura filosofica e a quella poetica, ma anche ad una rivoluzionaria coscienza della storia, ben espressa nelle opere di Tucidide. E aggiungerei, forse, su un piano ancora più alto, la forma politica della polis, che è la conquista fondamentale della storia greca, intrisa, insieme, di individualismo e di senso civico.
Perché la Grecia classica non ha saputo produrre una rivoluzione scientifica? C’entra qualcosa la filosofia e la sua enfasi sulla metafisica?
La grande stagione della scienza greca fu quella dell’Ellenismo e della cultura alessandrina, con i grandi progressi nella medicina, nell’astronomia, nella meccanica, nella geometria. Parte della meccanica moderna risale, ad esempio, ad Archimede, mentre i medici greci arrivarono ad intuire la circolazione del sangue e a conoscere sempre meglio l’anatomia umana. Per non parlare della geometria euclidea, che ancora studiamo.
Galileo Galilei riteneva che Aristotele avrebbe probabilmente approvato la sua rivoluzione scientifica. Lo crede anche Lei?
Certamente. Aristotele si fondava, infatti, sul metodo sperimentale, ma i suoi strumenti non erano quelli di Galileo. I progressi scientifici dello Stagirita meravigliano ancora oggi se si tiene conto del punto di partenza da cui muoveva.
La storia della filosofia deve tantissimo alla Grecia classica. Si può dire che lo sviluppo del pensiero occidentale sia tutto un’evoluzione dei grandi sistemi platonico e aristotelico?
Un filosofo moderno diceva che tutta la filosofia occidentale è un commento a margine delle opere di Platone. Esagerazioni a parte, nessun filosofo può fare a meno di partire da Socrate, Platone, Aristotele, Epicuro, dallo stoicismo. D’altra parte, tutti i filosofi sono idealmente eredi e discepoli di Socrate.
Conosciamo tutti la grandiosità della scultura e dell’architettura greca, un po' meno, la pittura. Apelle a parte, ci illumina?
La pittura greca per noi è una grande ombra perché è andata in gran parte perduta, a causa della sua deperibilità. Da quanto sappiamo, però, le virtù dei pittori inducevano meraviglia in chiunque si ponesse davanti ai loro dipinti. Conoscevano la prospettiva e facevano un uso sapiente dei colori, esprimendo uno stile raffinatamente realistico.
Le grandi tragedie e commedie sono nate in Grecia con i vari Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane. La musica, come la matematica, era alla base del pitagorismo. Oggi il teatro è considerato un ‘’magnifico anacronismo’’ (Orson Welles). Ci risiamo?
Posso dire che quando si mette in scena una tragedia greca, malgrado gli orrori di alcuni registi contemporanei troppo attualizzanti, il pubblico prova emozioni profonde. La tragedia greca, infatti, tocca grandi temi dell’essere, mentre il teatro contemporaneo (dopo Pirandello) mi pare molto più schiacciato su piccoli temi.
Novità sulla questione omerica?
Le ultime risalgono alla fine del secolo scorso, quando fu compreso dagli studiosi che la poesia omerica va considerata come una forma di oralità. Quest’ultima ha qualcosa in comune con i meccanismi dell’oralità contemporanea, a noi familiare attraverso la radio e la televisione o i concerti.
Il primo a intuirlo fu Giovambattista Vico?
Sì, anche se all’estero sono tutti convinti che sia stata un’intuizione originale dell’idealismo tedesco ottocentesco.
L’Occidente è nato sotto le mura di Micene e di Troia, nei grandi palazzi cretesi o direttamente nelle città stato greche?
L’Occidente attuale nelle città stato greche, che hanno, però, dietro di loro, circa un millennio di storia. Achille e Ulisse erano eroi micenei.
E si è definitivamente ‘salvato’ dopo Platea, Azio o Lepanto?
Dopo Lepanto, secondo me.
E cosa dire in merito al cosmo dei greci, oggetto della sua ultima fatica letteraria?
I greci pensavano che il cosmo non fosse stato creato, ma che fosse un’evoluzione dal caos primordiale. Il nome cosmo, nel suo significato letterale di ordine, dà tuttavia l’idea di un desiderio di comprendere e organizzare la materia, come fecero gli astronomi antichi. Non dimentichiamo che il sistema tolemaico ha retto fino a Galileo. Sfortunatamente, Tolomeo non possedeva il cannocchiale!
Il loro rapporto con la divinità è lontanissimo dal nostro. Eppure, il Cristianesimo è riuscito a cooptare Platone, e, soprattutto Aristotele. Prova di uno sfondo ‘religioso’ della loro filosofia o del grande fiuto storico dei Padri della Chiesa, santamente ‘opportunisti’?
Non avrebbero potuto fare diversamente, volendo dare un’impalcatura teologica alla fede cristiana. Quella greca era l’unica filosofia disponibile in grado di indagare diversi campi dell’esperienza umana, inglobati nella nuova religione. Basti pensare allo strettissimo legame tra Sant’Agostino e la filosofia neoplatonica, soprattutto con riferimento all’elaborazione del concetto di anima. San Tommaso, invece, prese molto da Aristotele.
Il ruolo della donna è stato sempre mortificato nel mondo greco, anche un po' oltre il costume generale dei tempi, e, nonostante archetipi straordinari, come la ‘sua’ Penelope o illustri intelligenze storiche, come quella della poetessa Saffo, ‘l’altra parte del cielo’ è stata relegata in casa. Come la mettiamo?
Questo è vero, ma con non poche eccezioni. Le donne spartane, ad esempio, godevano di molta libertà, anche sessuale, e venivano sollevate dell’educazione dei figli, assegnata allo Stato. Ad Atene, personaggi letterari come Medea, Clitemnestra o Antigone dimostrano che la donna, marginale politicamente, era comunque indagata dai poeti nelle sue emozioni più profonde. Vi furono, tra l’altro, donne che ebbero una grande importanza politica, come Olimpiade, che consegnò il regno al figlio Alessandro, facendo uccidere suo marito Filippo. O perfino Cleopatra, che, non dimentichiamolo, era di famiglia macedone. C’erano anche donne che partecipavano ai giochi olimpici con gare a loro riservate.
Si direbbe invece ‘moderno’ l’erotismo greco, sempre tollerante verso le attrazioni di natura omosessuale. L’eros efebico, così diffuso nella cultura ellenica si può tuttavia ridurre solo a questo?
Spesso i rapporti omosessuali fra un adulto e un ragazzo erano da collegare a percorsi iniziatici in cui, prima di diventare uomo adulto, un ragazzo veniva introdotto ai segreti della virilità. L’omosessualità adulta, invece, pur tollerata, era generalmente stigmatizzata.
I suoi archetipi greci per eccellenza, oltre Ulisse, Agamennone e il ‘barbaro’ Ettore?
Platone, per la sua permanente sfida verso la conoscenza di realtà superiori, Leonida, per il coraggio mostrato nel difendere la propria libertà e Pericle, per la capacità straordinaria di unire cultura e politica.
La lingua greca moderna in cosa si differenzia da quella classica?
Si tratta, in pratica, della stessa lingua, di origine popolare, evolutasi nei secoli. Un rapporto molto più stretto di quello dell’italiano con il progenitore latino.
Si intravede un Rinascimento ellenico nell’attuale Atene?
Temo di no.
E qual è l’Atene dei nostri giorni?
Siamo molto lontani da una qualsiasi Atene, purtroppo. Tempo fa avrei detto New York, ma ora temo che non lascerà nella storia umana una traccia così rivoluzionaria. Ora, è assediata dai “woke”, che non lasciano sperare molto di buono.
Ettore Zecchino