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ISO 9001:2015 Certificate number: IT331780
Il peperone (Capsicum annuum) appartiene alla famiglia delle Solanacee. E’ una pianta a ciclo annuale, formata da un apparato radicale abbastanza superficiale, costituito da una radice fittonante principale e da radici secondarie di ridotte dimensioni. Il fusto è angoloso, con una lunghezza compresa tra i 40 cm e il metro. Le foglie sono alterne, lucide, di forma ellittica o ovata, acuminate, con margine intero. Il fiore bianco compare all'ascella delle foglie, ed e’ formato da 6 petali e 5 o 6 sepali; è ermafrodita e autogamo (presenta cioè sia gli organi maschili sia quelli femminili ed è in grado di autofecondarsi). Il frutto assume forme diverse, in relazione alle varietà esistenti. Generalmente è una bacca carnosa, il cui portamento può variare, passando dall’essere pendulo ad essere più o meno eretto. Al suo interno presenta degli spazi vuoti, suddivisi in 2-4 logge. I semi, di colore giallo, sono inseriti in un tessuto spugnoso bianco vicino alla zona peduncolare.
Il peperone predilige climi caldi e senza forti sbalzi termici. Al di sotto dei 10°C arresta l’attività vegetativa, mentre tollera temperature comprese tra 0 e 4°C, ma solo per tempi molto brevi. Giornate lunghe e luminose sono comunque indispensabili per una sua buona fioritura. Predilige terreni di medio impasto o sciolti, senza ristagni idrici, con un ph neutro o sub-acido e un elevato contenuto di sostanza organica. L’acqua non deve mai mancare e deve essere somministrata con regolarità e in abbondanza, senza bagnare l’apparato fogliare.
I peperoni possono essere classificati in base alla piccantezza (piccanti e dolci) e alla forma (costoluti, a corno e schiacciati). I più diffusi sul nostro territorio nazionale sono i quadrati di Carmagnola, Asti e Nocera, il cuoriforme di Capriglio, il sottile cornetto di Pontecorvo e l’uncinato di Senise.
Le proprietà benefiche del peperone sono innumerevoli. È infatti ricco di vitamine, di sali minerali (fosforo, magnesio, potassio, calcio e ferro) e di antiossidanti, grazie ai quali esercita un’azione benefica sulla salute del cuore. Tale merito spetta, in particolare, alla quercetina e al potassio. La prima è un flavonoide, che abbassa i valori della pressione sanguigna. Il secondo, invece, è un elettrolita che, consentendo una normale vasodilatazione, regola la frequenza cardiaca. (1) Essendo inoltre una delle principali fonti di vitamina C, A e di carotenoidi, è considerato un ottimo antitumorale, grazie alla capsaicina, (2) (contenuta in maggiore quantità nelle varietà di peperone e peperoncino piccante), che inibisce la formazione delle nitrosammine, composti cancerogeni. Alcuni studi dimostrano come questa capacità del peperone possa prevenire particolari forme di tumore dell'intestino e del cervello. Infatti, queste proprietà contrastano l’azione dei radicali liberi, responsabili dell’insorgenza di numerose patologie e proteggono le cellule dallo stress ossidativo. I peperoni contengono inoltre alfa e betacarotene, criptoxantina, luteina e zeaxantina, tutti composti con spiccate proprietà antiossidanti. (3) Gli stessi nutrienti fungono da potenti antinfiammatori (4) e hanno la capacità di rinforzare le difese immunitarie, riuscendo a prevenire e ridurre i malanni di stagione.
Il peperone, grazie alle sue importanti proprietà depurative e disintossicanti, è anche in grado di favorire l’eliminazione delle tossine. In questo modo, grazie anche al suo contenuto di fibra alimentare, diminuisce il carico di lavoro degli organi coinvolti nel processo digestivo, compresi reni e fegato.
Potendo, in alcuni casi, risultare di difficile digestione, i peperoni andrebbero consumati con una certa cautela da parte di soggetti che soffrono di colon irritabile, ulcera gastrica, emorroidi, epatopatie varie e, in generale, da parte di chi è affetto da criticità a carico dell'apparato digerente.
1)THE EFFECT OF RED PEPPER/CAPSAICIN ON BLOOD PRESSURE AND HEART RATE: A SYSTEMATIC REVIEW AND META-ANALYSIS OF CLINICAL TRIALS
Fatemeh Shirani, Sahar Foshati, Mohammad Tavassoly, Cain C T Clark, Mohammad Hossein Rouhani.
2)ANTICANCER PROPERTIES OF CAPSAICIN AGAINST HUMAN CANCER
Ruth Clark, Seong-Ho Lee
3) BRAZILIAN CAPSICUM PEPPERS: CAPSAICINOID CONTENT AND ANTIOXIDANT ACTIVITY
Stanislau Bogusz Jr, Silvia H Libardi, Fernanda Fg Dias, Janclei P Coutinho, Vivian C Bochi, Daniele Rodrigues, Arlete Mt Melo, Helena T Godoy.
4) ANALGESIC AND ANTI-INFLAMMATORY POTENTIAL OF FOUR VARIETIES OF BELL PEPPER (CAPSICUM ANNUM L.) IN RODENTS
Nimra Mazhar, Sadia Ghousia Baig, Salman Ahmed, Mohammad Mohtasheem Ul Hasan, Amber Palla, Ghazala Ishrat.
Maddalena Pizzulo - nutrizionista
Presente nella dieta e negli usi paramedici di Egizi, Greci e Romani, la cicoria selvatica ha regnato solitaria, ma ubiquitaria, per qualche millennio, tanto da non consentire una ricostruzione certa del suo etimo. Quando, secoli dopo, è partita l’avventura della sua coltivazione su larga scala, si è presto diffusa a varie latitudini, diversificandosi in più rami. Per questo, con una certa approssimazione, alla famiglia delle cicorie, in senso largo, si fanno risalire, accanto a tipologie ‘storiche’, come la catalogna, anche verdure considerate, nel sentire comune, altre. Tra queste, la scarola, il radicchio, l’indivia. Grazie anche a tale capacità di gemmare nuove specie, la cicoria ha attecchito in varie parti del globo, in particolare nelle aree più temperate. L’Italia, come tutto il bacino del Mediterraneo, rimane un territorio di elezione per questo ortaggio, come attestano i dati relativi alla sua produzione e al suo commercio, che ci vedono spesso primeggiare, ma anche l’alta considerazione gastronomica che la circonda. Preceduta, del resto, da prestigiose attestazioni artistiche.
In campo pittorico, ad esempio, si può segnalare il dipinto ‘Le nozze di Cana’, di Leandro Dal Ponte, detto Bassano, testimonianza della presenza del radicchio nelle terre trevigiane già nel Cinquecento. Altre arti hanno tributato convinti omaggi alla cicoria. Per la musica italiana possiamo senz’altro citare la canzone omonima d’esordio di Domenico Modugno. Un brano che, con arguta ironia, nasconde una certa ‘amarezza sociologica’, attestandone il suo virtuoso, ma un po’ ‘necessitato’ consumo quotidiano nell’Italia contadina di quegli anni. Altra arte, altro mattatore, ed ecco il docente Alberto Sordi, intento ad ammaestrare i bambini nella ricerca della cicoria selvatica, probabilmente destinata alla sua cucina, nel film ‘Bravissimo’. Erano gli anni del boom e la periferia della capitale, già offesa da un’urbanizzazione aggressiva, conservava, qua e là, intermezzi malinconicamente verdi, ben descritti in questa commedia di Luigi Filippo D’Amico. Magistrale, per definizione, è, in uno scenario simile, l’omaggio, denso di rimpianto, per la cicoria ripassata, ascoltabile ne ‘L’Intervista’, uno degli ultimi guizzi di Federico Fellini. Nel pieno della sua ascesa professionale, un altro Premio Oscar italiano, il napoletano Paolo Sorrentino, fa elogiare da Jep Gambardella-Tony Servillo la pizza con le scarole più famosa del cinema, confermando che ‘La grande bellezza’ della vita pervade anche la nostra verdura. A pensarla così sono in tanti, soprattutto in Italia, come emerge da una carrellata, pur selettiva, delle tante pietanze a base di questo ortaggio, nella sua accezione più estesa.
Puntarelle con alici
Antipasto o contorno classico della cucina romana, si realizza con la catalogna o cicoria asparago, varietà tra le più presenti nella nostra penisola, con i suoi gustosissimi germogli bianchi. Il salato delle acciughe e l’amaro della verdura ben si accompagnano a un bianco dei Castelli Romani.
Cicoria ripassata con aglio, olio e peperoncino
Altro classico della cucina romanesca, in versione cotta, ma con un ruolo simile a tavola. Per il vino ci allontaniamo di poco, magari in direzione Cerveteri o Montefiascone, e non cambiamo il colore.
Scarola alla napoletana
Risposta partenopea, sempre ripassata, ma con olive e capperi. Ottima, ma occhio al sale, che, comunque, proviamo a domare con un Falanghina dei Campi Flegrei.
Utica Greens
Non al venerando Catone né al mondo classico fa riferimento questo piatto americano. Il nome della città statunitense di Utica è noto anche per questa ricetta, simile alla versione napoletana, ma con ingredienti caratteristici, come il pecorino e il pangrattato, ma spesso anche carne, più o meno a piacere. In fondo, è diventato il marchio di una celebrata tradizione culinaria italiana, tra i simboli dello Stato di New York. A suo modo, un classico.
Beviamo una delle tante fiaschette di rosso italiano che puntellano le trattorie della zona.
Patate e cicoria
Finto contorno, in realtà un primo piatto a tutti gli effetti, è molto in voga nella nostra Irpinia, e, quindi, ci sembra giusto osare una delle DOCG del territorio, scegliendo con uno sguardo fisso sulla portata successiva.
Pizza di scarole
Super-classico della cucina napoletana, da mangiare anche ii picnic, con un buon bicchiere di Per’e Palummo, o con un fresco Gragnano.
Zuppa di cicoria e fagioli
Matrimonio gagliardo e ad alto impatto nutraceutico. Ottimo con un rosso del Centro Italia, magari un Chianti Classico, strutturato ma morbido. Nozze di successo si celebrano, più a Sud, tra scarola e fagioli. La sostanza non cambia, e, quindi, neanche il vino.
Fave e cicoria
Insistiamo sull’abbinamento con i legumi e viriamo decisi verso la Puglia, dove questo piatto, indubbiamente famosissimo, è un vero e proprio simbolo identitario per l’intera regione. Non possiamo non bere qualcosa di locale, e, osiamo (scelta opinabile) una malvasia nera in purezza. Con uno dei tanti abbinamenti territoriali, comunque, di certo non si sbaglia.
Risotto al radicchio trevigiano
Qui l’eleganza entra in scena e un po’ di noci e un minimo sindacale di burro rendono la portata ‘Soave’, come il calice omonimo che scegliamo.
Minestra maritata
In questo caso la cicoria ha molti compagni di strada, ma facendo ricorso a tutti i rami del suo albero genealogico diventa sicuramente azionista di maggioranza. Piatto con notevole presenza di carne, regge benissimo l’impatto, mai trascurabile, di un aglianico, non necessariamente giovane.
Indivia belga gratinata
Bruxelles ci perdoni, ma diamo alla Francia l’esclusiva del piatto. Dopo tutto, era nel menù del bar di Audrey Tatou-Amelie, e al suo ‘Favoloso mondo’ non si può resistere. Inevitabilmente Champagne, il vino dei sogni.
Indivia belga al prosciutto
Variante sempre transalpina, di quella che non può non essere considerata un simbolo del Belgio. Siamo nel Nord Pas de Calais e qua ‘Giù al Nord’ se ne produce e cucina tantissima. Seguendo lo spirito della pellicola di Dany Boon, lo abbiniamo a un vino del Sud, come un rosso di Cahors. Osando un po’!
Caffè di cicoria
Dalle radici della pianta si ricava una bevanda energizzante, utilizzata come una sorta di surrogato del caffè in molti periodi bellici, compresi gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Il ricordo non è dei migliori, ma nuoce ingiustamente ad una bevanda in grado di tonificare come poche altre.
Ettore Zecchino
La cicoria (Cichorium Intybus) è una pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle Asteracee, a ciclo biennale. Nel primo anno sviluppa una rosetta basale di foglie, nel secondo anno un lungo fusto fiorale ricoperto di peluria, con una modesta ramificazione. La radice è un lungo fittone, con numerose formazioni secondarie rizomatose, ricche di un tipico lattice bianco, amaro e viscoso. Le foglie della cicoria selvatica sono di due tipi: quelle della rosetta basale; e le altre, inserite sul fusto. Le prime sono in genere frastagliate o dentate, solcate da una evidente nervatura mediana, con superficie rugosa nella pagina inferiore. La loro superficie è glabra, ma può essere pelosetta, se il clima di crescita è arido. Le foglie del fusto sono di dimensioni nettamente inferiori, e sono lanceolate. Nei mesi estivi la pianta si può riconoscere facilmente per i suoi fiori ligulati e di un delizioso colore azzurro, con diverse tonalità.
La fioritura avviene dall’estate fino al mese di ottobre, e il fiore ha la particolarità di aprirsi al mattino e di richiudersi nel pomeriggio, con variazioni in base alla latitudine. Il frutto è un achenio ovoidale angoloso e allungato, glabro e a superficie liscia. Termina con una coroncina di squame, ed è circondato dal ricettacolo, indurito e abbracciato dalle brattee dell'involucro.
La cicoria è ricca di micronutrienti, e in particolare, di alcuni minerali, come ferro, calcio, potassio, ma anche di non poche vitamine. Recenti studi hanno dimostrato l'efficacia delle proprietà antiossidanti della cicoria contro i radicali liberi, grazie alla vitamina C, coinvolta nella sintesi del collagene, e grazie alla vitamina E, indispensabile per mantenere l'integrità cellulare. Contiene, inoltre, acido cicorico (che le conferisce il caratteristico sapore amaro), e garantisce un buon apporto di fibra, utile per migliorare la regolarità intestinale. Questo perché la radice di cicoria è ricca di inulina, un prebiotico capace di stimolare la crescita dei ‘batteri buoni’, che tengono in salute e in equilibrio la flora intestinale. Vari studi dimostrano infatti che l’inulina riduce notevolmente il rischio di cancro intestinale. (1).
La cicoria ha anche proprietà ipoglicemizzanti, essendo una ricca fonte di terpenoidi e composti fenolici, che riescono a ridurre le complicanze di malattie croniche, come il diabete mellito. (2). Senza dimenticare gli effetti protettivi nei confronti del sistema cardiovascolare e di quello scheletrico. Fornisce, infatti, i fitosteroli, che combattono il colesterolo (3), riducendo il rischio di malattie cardiovascolari. Al tempo stesso, protegge le articolazioni, poiché garantisce un’ottima quantità di calcio e vitamine, alleati dello scheletro. Ricordiamo, infine, i benefici detox della cicoria, che, essendo composta per la maggior parte di acqua e sali minerali, svolge un'azione depurativa e drenante, in grado di stimolare l’attività del fegato, facilitando la rimozione di scorie dai tessuti e dal sangue.(4)
Non esistono particolari controindicazioni a un consumo moderato di cicoria. La famiglia delle Asteracee è tuttavia conosciuta come fonte di allergeni, e bisogna quindi valutare attentamente una possibile ipersensibilità a questo alimento. A causa dell’elevato quantitativo di fibre in essa contenute, un consumo eccessivo di questo alimento può comportare fastidi intestinali, gonfiore o flatulenza.
Yasunori Nakayama, Naoko Kawasaki, Taiga Tamiya, Sayuri Anzai, Kiyotsuna Toyohara, Akira Nishiyama, Eiichi Kitazono
Ramin Nasimi Doost Azgomi, Arash Karimi, Helda Tutunchi, Arezoo Moini Jazani
Weiqun Lin, Chaoqun Liu, Hai Yang, Wenting Wang, Wenhua Ling, Dongliang Wang
Guo-Yu Li, Ya-Xin Zheng, Fu-Zhou Sun, Jian Huang, Meng-Meng Lou, Jing-Kai Gu, Jin-Hui Wang
Maddalena Pizzulo - nutrizionista
Simbolo per eccellenza della primavera, gli asparagi accompagnano il risveglio della natura da almeno due millenni per gli uomini del Mediterraneo. Originari probabilmente della Mesopotamia, furono apprezzati e quasi certamente coltivati anche dagli antichi Egizi, che potrebbero averli fatti conoscere al mondo greco-romano. A Teofrasto, successore di Aristotele e botanico di fama, si deve la prima citazione scientifico-letteraria dell’ortaggio, dai Greci apprezzato quasi esclusivamente per le sue qualità medicamentose, precocemente scoperte. La musica cambia con l’ascesa di Roma, innamorata degli asparagi sin dal periodo repubblicano, come attesta una prima, precisa indicazione agronomica di Catone, punto di riferimento per secoli. Al periodo imperiale si deve un vero e proprio boom del consumo di asparagi, capaci di dare il proprio nome alle navi incaricate di consegnarli all’Urbe. Ma anche di ispirare, ad autori come Apicio, Plinio, Columella, Marziale, le prime ricette della loro lunga parabola gastronomica. Sempre agli antichi Romani risalirebbe l’accostamento in cucina, divenuto insostituibile, con l’uovo, mentre il mondo barbaro-romanizzato diede il via all’accompagnamento con il burro, altrettanto fortunato, in alcune aree geografiche, nei secoli a venire. A tanto amore romano, immortalato da ‘modernissimi’ mosaici, oggi osservabili a Pompei, Stabia e nei Musei Vaticani, fece seguito, mondo arabo a parte, un lungo oblio medioevale. Fu la corte di Luigi XIV, con il celebrato giardiniere Jean Baptiste de La Quintinie a riavviare la difficile coltivazione di questo ortaggio, pare su impulso del sovrano stesso. Da quel momento, per l’asparago non ci saranno più freni e in tutta l’Europa esemplari verdi, bianchi, violetti, o di altre varietà furono piantati un po’ ovunque, dalla Germania, alla Francia, fino alla Gran Bretagna e alla Spagna. Ovviamente l’Italia, che aveva anticipato la ‘tendenza’ con la casata dei Medici, non fece eccezione.
Una cavalcata trionfale, testimoniata nella storia di tutte le arti. Alle bellissime, e, per certi versi insuperate rappresentazioni di età imperiale romana si affiancheranno infatti quadri di importanti autori che, dal mondo fiammingo (Adriaen Coorte), a quello francese (Louise Moillon), a quello italiano (Vincenzo Campi), faranno dell’asparago una sorta di piccolo principe delle ‘nature morte’. Fortuna che non declinerà nei secoli successivi, grazie ad autori come Giovanni Segantini e, soprattutto, Edouard Manet. Al padre dell’Impressionismo si deve una doppia prodezza a tema, indirizzata al raffinato critico d’arte Charles Ephrussi (guarda caso, originario dell’ucraina Odessa), al quale invierà il dipinto di un mazzo di asparagi da lui commissionatogli. E, a seguito di un pagamento ritenuto troppo generoso, un secondo quadro, questa volta regalato dall’artista, raffigurante l’asparago ‘mancante’ nel mazzetto originario. Capolavoro di pittura e di cortesia, il gesto di Manet rimane inarrivabile, ma non al punto di isterilire la vena artistica in tema di asparagi. Lo testimoniano alcune pregevoli raffigurazioni scultoree e fotografiche, capaci, in tempi più vicini a noi, di rilanciare la suggestione artistica che avvolge questo ortaggio, autentico ispiratore seriale di artisti della più varia estrazione.
Come, passando alla letteratura, il grande Marcel Proust, impegnato, nella sua ‘Recherche’, in una brillante e appassionata descrizione cromatico-olfattiva degli asparagi, visti cucinare e poi mangiati in una memorabile cena parigina. O il realista Giovanni Verga. Fino al ‘cronista’ di guerra Ernest Hemingway, che, nel suo ‘Addio alle armi’, coglie la passione per l’asparago dei veneti, presso i quali trascorse un periodo così drammatico della storia mondiale. Per non parlare della più recente provocazione di Achille Campanile, inventore di un sublime accostamento ‘nonsense’ tra gli asparagi e l’immortalità dell’anima, dal titolo di un suo divertente lavoro.
Se a teatro potremo finalmente fruire, in traduzione italiana, de ‘Il giardino degli asparagi’, dal drammaturgo britannico di età carolina, Richard Brome, più grigie appaiono le apparizioni cinematografiche del nostro, come conferma un ‘teso’ pranzo in ‘American Beauty’, film cult del regista statunitense Sam Mendes.
Guardando ai numeri e al commercio, spicca il dominio mondiale assoluto della Cina, tra l’altro grande esportatrice del prodotto. E sorprende non poco il secondo posto, pur a distanza siderale, di un Perù che non ti aspetti. Non sfigurano, tuttavia, gli storici produttori europei, sempre ben classificati, dalla Spagna alla Francia, alla Germania, fino alla nostra Italia. E forse sono proprio queste due ultime nazioni a condividere un rapporto molto particolare con gli asparagi. Ad attestarlo le tante varietà coltivate (verdi, bianche, violette), ma anche l’esistenza di alcuni musei ad esso dedicati, il più importante dei quali è forse quello della cittadina di Schrobenhausen, in Baviera. Altra prova di questo legame forte sono alcune, apprezzate strade degli asparagi, un po’ sulla falsa riga di quelle del vino o dei formaggi.
Insomma, gli asparagi hanno da tempo ‘sfondato’ in società, anche se crediamo che il loro luogo d’elezione, dopo boschi e campi, rimane la tavola, intorno alla quale ci apprestiamo, metaforicamente, a sederci.
Tempura di asparagi
La Cina non sembra dare agli asparagi a tavola lo stesso peso che nei commerci. Un po’ per ripicca puntiamo, quindi, su una delle tante varianti della delicata frittura giapponese, con un setoso Cremant d’Alsace.
Gazpacho con asparagi
Senza indugiare altrove, torniamo subito nella nostra Europa, dove incontriamo questa originale versione della celebre salsa iberica, da provare con un buon Cava.
Zuppa di asparagi bianchi alla tedesca
Piatto dalla consistenza quasi cremosa, eventualmente spalmabile sull’ottimo pane di segale di quelle zone o su crostini di pane bianco. Può sposare felicemente un Riesling Renano (in alcuni casi, tra i migliori al mondo). Sempre nella versione bianca, gli asparagi non possono mai mancare nella variegata ‘zuppa di nozze’. Tanto per confermare il sentimento.
Polpette di asparagi
La ricetta non brilla per originalità, ma pare fosse una delle preferite della ‘piccola donna’ Jo March. Nel libro non se ne parla, ma un tipino così frizzante avrebbe certamente apprezzato un buon Prosecco.
Clafoutis di asparagi
Versione salata del celebre dolce alle ciliegie, è solo un esempio, forse un po’ originale, delle tante versioni di torte rustiche possibili con gli asparagi. Ci ispira un Sauvignon della Loira.
Spaghetti con asparagi
Macchiati con un po’ di pomodorino fresco, o con mezzo dito di polvere di peperoncino piccante, o, meglio ancora, solo con un filo d’olio extravergine, ecco un piatto facile e gustoso. Va bene qualsiasi bianco aromatico della Penisola.
Risotto agli asparagi
Sale il livello di difficoltà, e il riferimento al vino diventa più preciso. In omaggio al Veneto, terra di bisi, bruscandoli e altre prelibatezze primaverili, ci orientiamo su un Breganze bianco.
Asparagi alla francese
Una delle tante varianti possibili dell’abbinamento uovo-asparago, decisamente il più approvato e collaudato della storia. Basato sulla celebre salsa olandese, che forse è più francese, è comunque un omaggio alla nazione che ha ‘reinventato’ l’asparago. Per cambiare, beviamo un Sylvaner.
Asparagi alla fiamminga
Qui coprotagonista è la noce moscata. L’omaggio va alla pittura di genere e prosegue con la scelta di una birra d’abbazia.
Asparagi alla Bismark
In Italia li chiamiamo alla milanese, ma si tratta di un piatto ubiquitario, che segna forse l’apice di questo rapporto monogamico. Torniamo al Sauvignon, ma ci fermiamo in Alto Adige.
Frittata con asparagi
Ricetta italiana per eccellenza, dà il meglio di sé con gli asparagi selvatici, il cui aroma si percepisce a parecchie stanze di distanza dalla cucina. E questa volta beviamo un buon Franciacorta.
Ciambellone agli asparagi
Innocuo sfizio dal colore verde-primavera. A colazione con il caffè, a pranzo con una punta di miele. Per i più viziosi, largo a un Breganze Torcolato, delizia liquida veneta.
Ettore Zecchino
L’asparago (Asparagus officinalis) appartiene alla famiglia delle Liliacee. E’ una pianta erbacea, spontanea o coltivata, formata da una ‘zampa’ a sviluppo sotterraneo e da una parte di vegetazione aerea. La ‘zampa’ è formata da un fusto sotterraneo, detto rizoma, dal quale si sviluppano le radici e al centro del quale crescono le gemme, che formano la ‘corona’. L’apparato radicale è costituito da due tipi di radici. Quelle principali, disposte a raggiera sulla ‘corona’, sono carnose, cilindriche, prive di ramificazioni e ad accrescimento indefinito, e fungono da organo di riserva. Le secondarie, invece, sono fibrose, sottili, si trovano lungo le radici principali, specialmente nella parte terminale, e hanno una funzione di assorbimento. La parte edule è il germoglio, detto turione, carnoso e di dimensioni variabili, a seconda dell’età, della pianta e delle varietà. Alla sua sommità sono presenti delle foglioline disposte a raggiera a forma di scaglie. Man mano che il germoglio cresce ed emerge dal terreno il suo colore vira dal bianco al violetto, per diventare poi verde, per effetto della fotosintesi. Se non viene raccolto continua nel suo accrescimento, allargandosi e ramificandosi, raggiungendo un’altezza di circa 100-150 cm. I fusti hanno foglie simili a piccole squame e rami verdi e filiformi. I fiori, disposti in posizione ascellare, sono solitari, piccoli, di color giallo-verde. I frutti invece sono delle bacche globose, del diametro di circa 1 cm, di color rosso vermiglio. Esistono gli asparagi coltivati, che derivano dall’asparago comune (Asparago officinalis) e gli asparagi selvatici (Asparago pungente o acutifolius), dal sapore più intenso. Gli asparagi sono un concentrato di fibre, sono ottime fonti di vitamine antiossidanti, in particolare la A, la C, la E ed alcune del gruppo B e sali minerali come fosforo, potassio e cromo. Questi ortaggi sono inoltre ricchi di saponine (nello specifico la protodioscina e la protodiogenina) (1) conosciute scientificamente per avere un forte potere inibente nella proliferazione delle cellule tumorali del colon. Oltre ai benefici di saponine, vitamine, minerali e aminoacidi, gli asparagi contengono anche il glutatione, (2) in grado di favorire la depurazione dell’organismo. Tale sostanza antiossidante combatte l'invecchiamento attraverso due vie principali: l’intestino e il sistema circolatorio. Consumare asparagi significa godere di una serie di benefici per la salute. Queste verdure infatti sono note soprattutto per le loro proprietà disintossicanti e depurative. L’asparagina, un amminoacido responsabile del caratteristico odore dell’urina post-asparagi, ha infatti un forte effetto diuretico, perfetto per contrastare la ritenzione idrica. Gli asparagi sono un valido alleato nella prevenzione delle patologie cardiocircolatorie, grazie all'elevato contenuto di potassio, un sale minerale prezioso per la regolazione della pressione sanguigna. La quercetina e la rutina li rendono, inoltre, dei potenti antiinfiammatori. Quest’ultima svolge anche un'azione benefica sul microcircolo, stimolando l'elasticità dei capillari.
Come molti alimenti dalle tante proprietà benefiche, anche gli asparagi presentano delle piccole controindicazioni. Proprio in virtù della loro capacità diuretica, potrebbero infatti irritare i reni di soggetti con disfunzioni renali. Il loro consumo non è quindi indicato per i nefropatici. A causa della presenza di purine e acido aurico, questi ortaggi sono infine da evitare in caso di gotta e iperuricemia.
1) IN VITRO TOXICITY OF ASPARAGUS SAPONINS IN DISTINCT MULTIDRUG-RESISTANT COLON CANCER CELLS
Sara Jaramillo-Carmona , Rafael Guillén-Bejarano, Ana Jiménez-Araujo, Rocío Rodríguez-Arcos, Sergio López
2)POLYSACCHARIDES FROM FERMENTED ASPARAGUS OFFICINALIS WITH LACTOBACILLUS PLANTARUM NCU116 ALLEVIATED LIVER INJURY VIA MODULATION OF GLUTATHIONE HOMEOSTASIS, BILE ACID METABOLISM, AND SCFA PRODUCTION
Zhihong Zhang, Songtao Fan, Danfei Huang, Tao Xiong, Shaoping Nie, Mingyong Xie
3)PURIFIED RUTIN AND RUTIN-RICH ASPARAGUS ATTENUATES DISEASE SEVERITY AND TISSUE DAMAGE FOLLOWING DEXTRAN SODIUM SULFATE-INDUCED COLITIS
Krista A Power, Jenifer T Lu, Jennifer M Monk, Dion Lepp, Wenqing Wu, Claire Zhang, Ronghua Liu, Rong Tsao, Lindsay E Robinson, Geoffrey A Wood, David J Wolyn
Maddalena Pizzulo - nutrizionista
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