INTERVISTA A MICHELE FARISCO
Dottore Farisco, il suo ruolo all’interno del progetto internazionale CONNECT sui rapporti rene-cervello si può considerare significativo, e non solo con riferimento alla squadra di Biogem, per la sua preziosa funzione di raccordo tra le due anime della ricerca coinvolte, ma anche per la sua capacità organizzativa. Può, quindi, a beneficio di chi non ha familiarità con l’argomento, descrivere l’essenza di CONNECT?
CONNECT è l’acronimo di un progetto internazionale, la cui denominazione per esteso è ‘Cognitive decline in nephro-neurology: European Cooperative Target’. Trattandosi di una COST-Action, il progetto non prevede direttamente delle attività di ricerca, ma piuttosto mira a rafforzare la cooperazione internazionale tra diversi gruppi, tra cui Biogem, attivi sul tema del rapporto tra patologie renali e declino cognitivo. CONNECT, la cui direzione scientifica è affidata al professore Giovambattista Capasso, direttore scientifico di Biogem, comprende cinque gruppi di lavoro, relativi ai seguenti ambiti: ricerca pre-clinica; ricerca clinica; trials clinici; pratica clinica; gestione dei dati e bioinformatica; inclusione e comunicazione. La natura del progetto è, quindi, spiccatamente multidisciplinare, nonché di ampio respiro internazionale, con ben 27 Paesi coinvolti.
E adesso ci fa un riassunto delle puntate precedenti?
CONNECT è partito ad ottobre 2020 e si concluderà nello stesso mese del 2024. Il network ha finora prodotto numerose pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali, approfondendo il complesso tema del rapporto tra disfunzioni renali, incluso il danno renale cronico, e declino cognitivo. Si tratta di un tema di frontiera, ancora poco approfondito e potenzialmente innovativo sul piano clinico, il quale pone anche diverse questioni di tipo etico. Oltre alla produzione scientifica, CONNECT ha reso possibili diversi incontri tra i membri del network, sia online, nella fase iniziale segnata dalla pandemia, sia in presenza, di cui uno a Biogem nel settembre del 2022. Molto importanti sono, inoltre, le Short Term Scientific Missions finanziate da CONNECT, ossia dei periodi di soggiorno in istituti internazionali per giovani ricercatori. In particolare, sono stati organizzati soggiorni di ricerca in Italia, incluso Biogem, Spagna, Grecia, Serbia, Turchia, Portogallo. Sono state inoltre organizzate quattro training schools, ossia scuole di formazione per giovani ricercatori, in Serbia, Portogallo e Italia (a Napoli e ad Ariano Irpino, presso Biogem).
La tappa a Biogem quale apporto ha dato?
La Short Training School che ho organizzato a Biogem il 9 e 10 ottobre scorsi è stata incentrata sulla rilevanza clinica della modellistica computazionale applicata al cervello. Sono stati due giorni di intensa riflessione multidisciplinare. Neuroscienze computazionali, intelligenza artificiale, bioinformatica, psichiatria, medicina, ma anche filosofia ed etica si sono infatti ritrovate a dialogare in un clima di reciproco sforzo di comprensione. Al di là dei contenuti, pure significativi, ritengo che il contributo principale dell’ultimo appuntamento a Biogem sia stato proprio lo sforzo, in gran parte riuscito, di mettere insieme discipline diverse per riflettere sullo stesso tema, letto da prospettive appunto diverse, ma convergenti.
Un suo bilancio, ad oggi, dell’intero progetto?
Ritengo che il risultato più significativo del progetto sia aver creato le premesse per un avanzamento delle conoscenze sul tema particolare del rapporto tra rene e cervello. Ormai è chiaro che la ricerca scientifica, necessariamente specializzata, deve sforzarsi di andare oltre gli steccati che separano i diversi ambiti e tendere a una visione la più unitaria possibile. In particolare, in ambito medico sono sempre più numerose le evidenze che il corpo è un sistema unitario, le cui diverse parti interagiscono in modo diretto o indiretto tra di loro. Si pensi, per esempio, a quanto il microbiota, ossia la popolazione batterica del nostro intestino, impatti sulle funzioni cerebrali e psichiche. I dati sul rapporto tra rene e cervello sono meno numerosi, ma altrettanto chiari nell’evidenziare la necessità di uno stretto rapporto di collaborazione tra nefrologia e neurologia. CONNECT ha posto delle solide basi affinché tale rapporto si concretizzi in fruttuose attività di ricerca.
E uno sguardo alle prossime tappe?
Si apre l’ultimo anno del progetto, per cui è tempo di tirare le fila e raccogliere i frutti di quanto seminato. Il primo obiettivo è l’elaborazione di una proposta di progetto per finanziamenti europei. E posso dire che il network è già costituito, ed è caratterizzato da significative competenze in diversi ambiti. Può inoltre contare sulla presenza di istituti di ricerca di rilevanza internazionale, tra cui Biogem, che avrà un ruolo di primo piano nell’attività di ricerca che, siamo certi, deriveranno da CONNECT.
Da ricercatore molto impegnato su temi al confine con il mondo strettamente umanistico, quale quello della coscienza, quali spunti e arricchimenti ha tratto dagli incontri di studio internazionali del progetto CONNECT ai quali ha partecipato?
Ho trovato un clima di sincera accoglienza da parte di persone impegnate in ambiti piuttosto diversi dal mio. Sono l’unico filosofo del progetto, ma non mi sono mai sentito “un pesce fuor d’acqua”. In parte perché prediligo il lavoro multi-e inter-disciplinare, in parte perché i membri di CONNECT sono aperti anche alle sollecitazioni provenienti dalla riflessione filosofica. Abbiamo, per esempio, realizzato un’indagine su alcune tematiche di tipo etico, e la partecipazione è stata numerosa. La stesura dell’articolo derivante da tale indagine è in fase avanzata e ho potuto contare sulla collaborazione di numerosi ricercatori di CONNECT. Si conferma, insomma, una mia radicata convinzione: le diversificazioni disciplinari, pur necessarie, devono essere funzionali a un approccio orientato ai problemi da analizzare, al di là di ogni separazione o barriera tra le discipline.
In medicina un approccio del genere rappresenta il futuro o è già una realtà generalizzata?
Sulla base della mia personale esperienza, direi che siamo in una fase di passaggio. Su temi come la coscienza, per esempio, è molto avanzata la collaborazione tra medici, neuroscienziati, bioinformatici, esperti di intelligenza artificiale, fisici, matematici, filosofi, eticisti, giuristi. Il tema è di per sé complesso e richiede, quindi, un approccio complesso. Lo stesso vale anche per altri ambiti medici, ma siamo ancora in una fase, per così dire, prodromica, una sorta di alba di una nuova stagione di collaborazione multi- e inter-disciplinare, le cui premesse sono già in essere. Tuttavia, c’è ancora molto da lavorare.
Quanto ha contato per la comunità scientifica di Biogem un’esperienza come questa?
Credo che la comunità di Biogem debba essere fiera dell’opportunità di incontrare ricercatori provenienti da altri Paesi e docenti di prestigio internazionale. Hanno partecipato alla scuola 13 giovani ricercatori provenienti da 8 Paesi (Albania, Germania, India, Italia, Polonia, Portogallo, Romania, Serbia), e docenti dall’Italia e dall’estero (Francia e Spagna). Non è semplice coinvolgere gli attori della ricerca internazionale in eventi di questo tipo. Nel caso di Biogem, inoltre, si aggiungono le difficoltà di tipo logistico-organizzativo. Pertanto, non è scontato organizzare eventi di questo tipo. Biogem ha dato un’ulteriore prova di essere una realtà viva, inserita in ambiti internazionali e attiva su temi di frontiera, come il rapporto tra rene e cervello.
Progetti simili per il futuro?
Nel mio piccolo, coltivo diverse collaborazioni scientifiche con ricercatori di ambiti diversi, tra cui medicina, neuroscienze, robotica, intelligenza artificiale. L’anno scorso, per esempio, abbiamo organizzato qui a Biogem una conferenza sulla coscienza, con relatori molto autorevoli, che stanno letteralmente tracciando il sentiero delle ricerche in questo ambito. L’obiettivo è rafforzare la presenza di Biogem anche in questi studi, se non direttamente sugli aspetti di tipo strettamente scientifico, sui loro risvolti teorici, etici e anche giuridici, in coerenza con la vocazione del nostro Istituto a costruire un ponte tra le 'due culture”.
Ettore Zecchino